Negli ultimi decenni si è prestata una grande attenzione ai composti presenti della cannabis sativa L. usata a scopo medicamentoso, come il Δ9-THC, il cannabidiolo (CBD) e i loro effetti su infiammazione e dolore legato al cancro. Il National Cancer Institute (NCI) ha riconosciuto la C. sativa come un trattamento efficacie per procurare sollievo in un certo numero di sintomi associati al cancro, inclusi dolore, perdita di appetito, nausea e vomito, e ansia.

Molti studi hanno descritto il CBD come una molecola multitarget, che si comporta da adattogeno e, in modi differenti in base al tipo e la distribuzione dello squilibrio, da modulatore nel cervello e nel corpo, soprattutto interagendo con specifici recettori proteici CB1 e CB2. Il CBD è presente sia nella cannabis medicinale che in quella da fibra, ma, a differenza del Δ9-THC è completamente non-psicoattivo. La canapa da fibra differisce dalla cannabis a uso medicinale poiché contiene bassissimi livelli di Δ9-THC, alti tenori di CBD e altri composti non-psicoattivi.

In anni recenti, diverse ricerche pre-cliniche si sono concentrate sul ruolo del CBD come molecola antitumorale, proponendo il CBD (e le molecole simili a esso presenti negli estratti della canapa) come un possibile candidato per futuri trial clinici. Il CBD ha dimostrato di avere, in numerosi studi, attività antiossidante, suggerendo così un possibile ruolo nella prevenzione sia di malattie neurodegenerative che cardiovascolari.

In modelli animali, è stato dimostrato che il CBD inibisce la progressione di diversi tipi di cancro. Inoltre, si è visto che la somministrazione concomitante di CBD e Δ9-THC, seguita da radioterapia, provoca un aumento dell'autofagia e dell'apoptosi nelle cellule tumorali.  Inoltre, il CBD è in grado di inibire la proliferazione cellulare e aumentare l'apoptosi in diversi tipi di modelli di cancro.

Queste attività sembrano coinvolgere anche percorsi alternativi, come le interazioni con i complessi recettoriali TRPV e GRP55. Inoltre, la scoperta che il precursore acido del CBD (acido cannabidiolico, CBDA) è in grado di inibire la migrazione delle cellule del cancro al seno e di ridurre il proto-oncogene c-fos e la cicloossigenasi-2 (COX-2) evidenzia la possibilità che il CBDA potrebbe agire su un percorso comune di infiammazione e meccanismi del cancro, che potrebbe essere responsabile della sua attività antitumorale.

La review che trovate in download e a questo LINK (e di cui avete appena letto l'abstract) esplora gli effetti e i meccanismi molecolari del CBD sui processi infiammatori e tumorali, evidenziando anche il ruolo dei cannabinoidi minori e dei non-cannabinoidi presenti nella canapa priva di Δ9-THC.

Questa revisione si concentra principalmente sul ruolo del CBD, e dei relativi composti non psicoattivi, nella modulazione dei processi infiammatori legati alle malattie degenerative e, in particolare, al cancro. Da un punto di vista farmaceutico, il CBD rappresenta, al momento, il composto più promettente presente nella C. sativa. Sebbene questo componente sia noto principalmente per le sue attività antiossidanti e antinfiammatorie, una serie di ricerche ha evidenziato la sua capacità di interferire con l'apoptosi della proliferazione cellulare e la crescita del cancro. Se consideriamo poi che la biologia del cancro e l'infiammazione condividono diversi percorsi comuni in alcune fasi dei loro processi biologici, il CBD potrebbe essere uno strumento potenziale importante nel controllo della diffusione e della crescita del cancro.

È tuttavia importante considerare anche altre questioni riguardanti i cannabinoidi e il loro uso, compresa la scarsa disponibilità del materiale vegetale, le incertezze sulla qualità dei prodotti e la sicurezza della CBD. Per questi motivi, il CBD è sotto controllo a molti livelli, che vanno dalle organizzazioni sanitarie nazionali alla FDA e all'OMS. Fino ad ora, sono stati condotti numerosi studi clinici sul Sativex®, che è una combinazione di Δ9-THC e CBD, o sull'Epidiolex®.

Uno dei punti principali in discussione è se i cannabinoidi e il CBD, in particolare, siano sicuri per i consumatori alle dosi ritenute attive nelle condizioni sperimentali; tenendo conto del fatto che vi è solo una conoscenza limitata degli effetti a lungo termine dell'uso cronico e delle interazioni farmaco-farmaco tra CBD e altri farmaci. Tutto questo sebbene gli studi sull'uomo abbiano indicato che il CBD è molto ben tollerato anche a dosi elevate. Un altro aspetto importante è se gli estratti di Cannabis o CBD sono semplicemente un integratore alimentare, un prodotto farmaceutico o altro. Se da un lato questa perplessità è giustificata dalla necessità di una valutazione attendibile dell'equilibrio tra efficacia ed effetti collaterali, dall'altro deve essere riconosciuto che, in alcuni casi, un pregiudizio inconscio sembra librarsi sulla C. sativa, principalmente a causa della sua storia di droga d'abuso.

I compilatori di questa revisione dunque credono che, sebbene un numero importante di studi riguardanti gli effetti terapeutici del CBD siano stati eseguiti nell'ultimo decennio, non ci sono ancora prove cliniche solide a sostegno del fatto che i cannabinoidi possano trattare efficacemente e in sicurezza il cancro nell'uomo. Tuttavia, tenendo conto del fatto che gli estratti di canapa con bassa concentrazione di Δ9-THC ma ricchi di composti non psicoattivi sono ancora scarsamente studiati dal punto di vista farmacologico e molecolare, si pensa che potrebbero essere una risorsa preziosa per il trattamento futuro di malattie acute e/o croniche. Inoltre, considerando la disponibilità di cultivar specifiche contenenti diverse quantità di composti attivi, come flavonoidi e terpeni, potrebbe essere possibile selezionare la varietà appropriata arricchita di una classe specifica di composti da utilizzare per una specifica malattia. Inoltre, se consideriamo che il trattamento della maggior parte delle malattie degenerative è ancora lontano dal raggiungimento del pieno successo, la ricerca sugli estratti di canapa e CBD deve essere, a maggior ragione, incoraggiata con l'obiettivo di ottenere dati sufficienti per un'applicazione clinica razionale.

 

Federica Pellati, Vittoria Borgonetti, Virginia Brighenti, Marco Biagi, Stefania Benvenuti, and Lorenzo Corsi, “Cannabis sativa L. and Nonpsychoactive Cannabinoids: Their Chemistry and Role against Oxidative Stress, Inflammation, and Cancer,” BioMed Research International, vol. 2018, Article ID 1691428, 15 pages, 2018.