Dopo 40 giorni dalla sentenza ecco depositate le motivazioni della Suprema corte di Cassazione. Confusione e clamore, come la volta scorsa, come ogni volta. Quindi? Cosa è cambiato? Qualcuno dice niente, qualcuno dice tutto. Forse questa è l’unica cosa che non cambia. In ogni caso il problema dell’effetto drogante rimane, ma come in precedenza è astratto e non ben definito.

“Le soglie droganti”, rimane questo il nocciolo della questione. Con la pubblicazione delle motivazioni la sentenza si è fatta più chiara, ma quello spazio grigio è rimasto lì, come ogni altra volta. Poi rimane la questione delle varietà ammesse e non ammesse. In sostanza gli elementi chiave legati al mercato della cannabis e del CBD, ossia percentuali e disponibilità di genetiche alternative restano nel limbo.

"La commercializzazione al pubblico di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, infiorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicabilità della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà ammesse e iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del consiglio, del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati della predetta coltivazione che possono essere commercializzati, sicché la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa l., quali foglie, inflorescenze, olio, resina, sono condotte che integrano il reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività."

 

Cannabis Sativa L. e Cannabis Light - Varietà ammesse e destinazioni d'uso

Cannabis Sativa L. e varietà iscritte nel catalogo comune continuano a confondersi, ma con una maggiore attenzione a fare chiarezza sulle destinazioni d’uso di queste varietà ammesse, ossia solamente quelle indicate all’art. 2 comma 2 della 242/2016, che non contempla l’estrazione e la commercializzazione di alcun derivato con funzione stupefacente o psicotropa, come si legge nell’estratto qua sotto.

"La coltivazione di cannabis sativa L. ad uso agroalimentare, promossa dalla legge n. 242 del 2016, è stata utilmente definita sia mediante l’indicazione della varietà di canapa di cui si tratta, sia in considerazione dello specifico ambito funzionale dell’attività medesima, che non contempla l’estrazione e la commercializzazione di alcun derivato con funzione stupefacente o psicotropa. Pertanto, dalla coltivazione di cannabis sativa L. non possono essere lecitamente realizzati prodotti diversi da quelli elencati dall’art. 2, comma 2, legge n. 242 del 2016 e, in particolare, foglie, infiorescenze, olio e resina."

 

 

Valutare l'efficacia drogante - Non ci sono percentuali precise

Chiaramente non c’è funzione stupefacente o psicotropa quando non c’è effetto drogante, ma che cosa dice la Suprema corte in merito a come giudicare se un prodotto ha in concreto tale effetto o meno? In pratica la questione è difficile perché nel fare questa valutazione si ragiona in base al testo unico sugli stupefacenti, che regola ben altra tipologia di prodotti e “filiere”. La cassazione quindi consiglia di giudicare caso per caso verificando la rilevanza penale di ogni singola condotta.

"Secondo il vigente quadro normativo, l’offerta a qualsiasi titolo, la distribuzione e la messa in vendita dei derivati della coltivazione della cannabis sativa L. infatti, integrano la fattispecie incriminatrice ex art. 73, d.P.R. n. 309/1990. Ciò nondimeno, si impone l’effettuazione della puntuale verifica della concreta offensività delle singole condotte, rispetto all’attitudine delle sostanze a produrre effetti psicotropi."

In conclusione abbiamo una sentenza e delle motivazioni da parte della corte di Cassazione, che pongono un problema oramai pratico e legato alla valutazione caso per caso di un’efficacia drogante della quale si sa tutto e niente. Sicuro è che la sentenza di cassazione non può derogare una legge e alcuni prodotti come i cosmetici sono chiaramente riportati dalla 242/2016.

 

In conclusione

È quindi difficile capire cosa aspettarsi nelle prossime settimane e mesi, oltre a una lettura più accurata e approfondita delle motivazioni. Dopo le dichiarazioni politiche alle quali si è assistito negli ultimi mesi, la chiusura di fronte alla possibilità di una svolta culturale, testimoniata anche dalle dichiarazioni del CSS riguardo alla terapeuticità della cannabis (anche se qui si rientra in un ambito differente), quest’ultima sentenza sembra un invito a provocare una sensibile scrematura nell’offerta e nella domanda di infiorescenze ed estratti a basso contenuto di THC, connessa alla determinazione e alla consapevolezza di commercianti e acquirenti.

SICAM continuerà la sua sperimentazione e il suo lavoro in laboratorio e in campo, con professionisti, aziende e pazienti. Siamo consapevoli della risorsa che c'è di fronte a noi e non vogliamo lasciarci condizionare da proclama di ogni sorta. Dobbiamo continuare a sostenere la ricerca e soprattutto a darle rilevanza culturale e sociale. La cannabis sativa L. può davvero cambiare, non solo l'economia di un paese, ma anche la vita di molte persone. Ancora non siamo arrivati al punto di svolta, al momento critico per cui culturalmente non sarà più critico distinguere tra piante dello stesso tipo o utilizzare due nomi diversi per la stessa cosa. In fondo però è strano come giorno per giorno non sembri cambiare nulla, ma se si guarda indietro poi, è cambiato tutto.