Siamo sul finire degli anni '20 e gli stati uniti stanno per cadere nella notte economica datata 1929.
Quasi dieci anni sono passati dalla messa al bando degli alcolici, il “nobile esperimento”, in vigore dal 1919; durante questo decennio l'uso voluttuario della cannabis, che prima era quasi esclusivamente appannaggio delle comunità messicane e afroamericane, si è diffuso tra i bianchi, proprio come sostituto dell'alcol. In ogni caso la marihuana continua a essere percepita come una realtà legata alla “minoranza” messicana, che intorno agli anni trenta conta circa 650,000 residenti in U.S.A e costituisce un discreto serbatoio di manodopera disponibile e potenzialmente sottopagata, contribuendo allo sviluppo economico del paese. Questo fino alla crisi che chiude i ruggenti anni venti. Di lì a poco il sentimento diffuso negli States riguardo ai Messicani cambierà radicalmente, fino a dipingerli come “uno sgradito surplus nelle regioni devastate dalla disoccupazione” (Musto; in Verga 2008, p.322).
Ecco il nostro quadro storico-geografico: vi è in questo momento una polveriera sociale, distribuita prevalentemente negli stati del sud, e immersa in una delle parentesi economiche più buie dell'era moderna.
Intanto, nel 1930, viene istituito il Federal Bureau of Narcotics (FBN), ufficio amministrativo legato al ministero del tesoro e preposto al controllo sugli stupefacenti, la direzione del quale viene affidata a Harry Anslinger, che diverrà il padre spirituale della dottrina statunitense in materia di droga. Nel 1933 però, cadono le leggi in materia di proibizione degli alcolici e all'orizzonte del neonato Bureau si affaccia la possibilità di ingenti tagli al budget. Di qui nasce l'intento politico di Anslinger, la sua spregiudicata campagna mediatica contro la marihuana e la strumentalizzazione dell'intolleranza che si stava sviluppando soprattutto negli stati del sud. (Verga 2008; Verga 2007; Cappuccino, Grasso 2002)
L'abilità di Anslinger è stata proprio quella di capire in pieno il potenziale dei media per creare consenso in merito alla pericolosità della marihuana e, dunque, per tenere ben salda la sua poltrona; egli seppe delineare una connessione tra il profilo razziale degli utenti e i presunti effetti omicidi della cannabis (ibidem). È in questo periodo che si diffonde l'uso della parola marijuana, che per l'appunto appartiene alla cultura messicana e indica l'infiorescenza resinosa della canapa.
Il richiamo alla lingua ispanica sorregge gran parte dello sforzo mediatico proibizionista; si veda, ad esempio, l'articolo Marihuana menaces youth del 1936, uscito su Scientific American: “La marijuana […] è diventata una seria minaccia. I suoi effetti sono molti, tra i quali […] il desiderio di uccidere. La dipendenza da questa droga è diffusa in Messico e le autorità stimano che almeno una persona su quattro, in alcuni stati del sud, la usa” (Verga 2008, p.323). In seguito l'articolo menziona alcune statistiche circa l'enorme percentuale di dipendenti da cannabis nel campione dei carcerati a New Orleans (ivi).
Nel 1936 Floyd K. Baskette, si rivolge all'amico Anslinger in una lettera aperta pubblicata sull'Alamosa Daily Courier: “La gente vuole sapere come mai non è stato fatto ancora niente contro la marijuana. Le forze di polizia stanno compiendo tutti gli sforzi possibili per distruggere questa minaccia […]. Come possiamo farci aiutare dal Bureau? […] Spero di riuscire a farvi capire che cosa possa fare una sigaretta di marijuana ai nostri degenerate spanish-speaking residents. Questo è il motivo per cui il problema è così grande: la maggioranza della nostra popolazione è composta da spanish-speaking persons, molti dei quali sono inferiori a noi a causa della loro razza” (Sloman; in Verga 2008, p.323).
Il '36 è anche l'anno di "Reefer madness", un film d'exploitation statunitense girato con il chiaro intento propagandistico anti-marijuana, così inverosimile e malcelatamente eccessivo da diventare, negli anni '70, il simbolo della produzione mediatica del tempo: grottesca e scientificamente priva di basi.
(Di seguito il film in versione originale)
È il 1937 e la discussione al congresso per l'approvazione del Marihuana Tax Act dura circa “un minuto e 32 secondi” secondo quanto riporta Whitebread in The history of the non-medical use of drugs in the United States (ibidem, p.324).